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イタリア柔道


Riflessioni
La mente delle Arti Marziali CSEN e non solo
Articolo 119

La mente delle Arti Marziali CSEN e non solo


24/05/2024

di Pino Morelli



Il Maestro Franco Penna io l’ho conosco bene. Abbiamo praticato insieme Judo e Kendo, e so quanto ha faticato per portare avanti questo sport all’interno dello CSEN

S

e c’è uno che non deve dire grazie a nessuno per essere arrivato lì, dove sta ora, è sicuramente Franco Penna, il Maestro Franco Penna. È venuto da lontano e ha saputo prendere il treno che gli è passato davanti e l’ha comandato e lo comanda fino ad oggi. Un treno difficile perché ci sono sempre avvoltoi che vogliono rubare quello che si è fatto ma nessuno vuol partire dal principio, dove non c’era anima viva ad aggregarsi nel judo dello CSEN. Doveva prima convincerli dei suoi programmi e poi “vendergli” il pacchetto CSEN. E così ha fatto per un lungo tempo il caro Penna. È partito dal basso che più basso non c’è, però con la voglia, la fantasia, la determinazione c’è riuscito. Abbiamo parlato con lui al termine di alcuni appuntamenti.

JI: Allora, adesso sei arrivato al culmine con lo stage e le gare?
FP: Beh sì, abbiamo fatto i campionati nazionali, stage, ne abbiamo fatti talmente tanti.
Mi ricordo i primi stage che facevamo con pochissima gente, erano stage dove facevamo 1, 2, 3; palestre, insomma i numeri erano pochi, facevamo Judo, Karate, Kendo, che erano le discipline che praticavamo noi, insomma, nel nostro dojo, quindi alla fine, erano quelle discipline che portavamo insieme agli allievi, ma più che uno stage era un allenamento, era il momento del ritorno del fine settimana che portavamo a Stage. Poi dopo abbiamo iniziato a pensare di organizzare i veri stage, invitando anche dei docenti diversi, docenti stranieri, docenti italiani di livello, e abbiamo fatto per tanti anni a Norcia, dopo, purtroppo, Norcia col problema del terremoto è stata abbandonata e ci siamo riversati su Chianciano. Ed è lì che abbiamo fatto il nostro punto di forza, una zona particolare, portando all’ultima tappa Francesco Bruyere, che è stato apprezzato da tanti perché è un ottimo tecnico, quindi abbiamo portato duecento cinture nere di livello, un bel risultato, è apprezzato da tutti, commenti tutti positivi. Poi abbiamo avuto risultati pure al campionato nazionale di Riccione, numeri importanti considerando anche la concomitanza di altre attività della federazione e di altre attività sportive; insomma abbiamo fatto la Coppa Nazionale a Velletri e abbiamo portato pure lì parecchi atleti insomma con una struttura chiaramente un po’ più piccola però una gara che si svolta nella tranquillità più assoluta senza contestazioni particolari.
JI: Il lavoro che dobbiamo fare è?
FP: Un lavoro di qualità, è un lavoro di organizzarsi sempre meglio. Non dobbiamo fare la fotografia della federazione, non interessa essere la fotografia della federazione.

Io sono interessato è esclusivamente a fare promozione sportiva a tutti i livelli.
Noi con il Judo, in modo particolare, cerchiamo di coinvolgere anche i ragazzi che hanno gradi bassi, li coinvolgiamo per fasce di cintura, li coinvolgiamo per fasce d’età. Valutiamo anche a volte la possibilità di fare le gare con un judo integrato; abbiamo fatto un accordo con la FISPIC, dove per i non vedenti, partecipando nelle nostre competizioni, si confrontano con i normodotati, quindi per noi è un’apertura in più.
Noi cerchiamo di dare pubblicità, risalto al judo.
Parlo del mio amore del judo per il fatto che stiamo parlando del judo però come comitato- Ho riportato un po’ la stessa mentalità che avevamo nell’organizzazione del judo in tutto il mondo dello sport. Tanti referenti nostri, infatti, si sono sentiti un po’ stravolti ad organizzazione delle cose, abbiamo portato un po’ più di qualità anche in altre manifestazioni sportive, quindi, tutto sommato i numeri crescono, il livello cresce. Certo c’è sempre da migliorare perché nella vita perché non è che tutto va bene, però noi accettiamo pure i consigli dalle persone, amici; ci confrontiamo; c’è stato qualche diverbio sul discorso arbitrale, abbiamo fatto una riunione ieri, e si è venuti ad un accordo pacifico con buona pace di tutti.
JI: Cosa vi distingue dalla federazione in quanto a classe arbitrale?
FP: Mettere dei limiti all’età nella fascia arbitrale. Ma noi, bene o male, se la persona è valida, non vedo perché a 65 anni, 60 anni, come dice la federazione, puoi “metterli nel cestino”, noi bene o male, se la persona è valida, la portiamo avanti fino a 62, 63, 64, 65, se la persona è valida e sa portare avanti il suo lavoro, ben venga.
Questo non toglie però una cosa, che noi dobbiamo allo stesso tempo farci un circuito dove dobbiamo fare lavorare i giovani in team con gli anziani perché allo stesso tempo l’esperienza degli anziani è a disposizione dei giovani quindi, per far crescere i giovani. Giovani che sono volontari, che hanno voglia di avvicinarsi anche al mondo degli ufficiali di gara, perché hanno fatto in passato Judo o perché vogliono rimanere nell’ambito del Judo, è un modo come un altro che fa rimanere nel settore, facendo il presidente della giuria, facendo l’arbitro e di questo noi siamo convinti, per gente giovane per instradare e continuare e poi si cominciano ad avere i ricambi del settore.
JI: In tutti in questi anni, hanno detto, il judo CSEN è il judo di un Dio minore, cosa pensi che manchi nel Judo CSEN?
FP: Nel Judo CSEN, sì, chiaramente, non è che nel Judo CSEN manchi di qualcosa, secondo me, un po’. manca, a volte, la sensibilità. Per alcuni comitati parlo io però ho toccato alcuni comitati…; sai, i presidenti dei comitati non tutti sono sensibili, magari hanno già tante discipline che vanno per la maggiore, ecco che alcune si trascurano.
Ecco perché io cerco di portare i referenti in queste province, in queste regioni.
Poi magari si sentono un po’ isolati e chiamano sempre a noi.
Quindi, ecco, ci vorrebbe un pochino di più apertura nella per le qualifiche sul
territorio; in alcuni comitati provinciali dove manca un po’ la sensibilità aiutare questo discorso. Tanto è vero che noi stavamo rivalutando il fatto di riportare le qualificazioni prima della finale nazionale. Però in alcune regioni i numeri non sono così alti da poter permettere una qualificazione decente quindi, magari, quelli li possiamo mettere insieme ad alcune regioni con il numero degli atleti basso, che qualificheranno alla finale gli atleti di due regioni diverse, per dare anche un po’ più di qualità al livello della finale stessa.
Per quanto riguarda gli stage abbiamo previsto portare un tecnico nel livello, poi, magari sul tatami si trovano anche dei ragazzi troppo giovani e a volte non va bene, perché quel specifico stage è adatto per la cintura avanzata, primo, secondo, terzo Dan; poi si fanno vedere degli speciali; invece i ragazzi dai 10 ai 13 anni possono seguire quelli adatti per loro, così facendo, non ci sono “intrusi” che non possono capire il lavoro che viene svolto dagli allenatori o maestri.
Quindi io quest’anno avevo previsto delle lezioni separate: i ragazzi e i tecnici, chiaramente i grandi tecnici non capiscono come portare i bambini mentre ci sono i grandi sul tappeto, quindi, questo diventa un po’ un problema perché ci piacerebbe fare proprio delle lezioni di studio, di diversificare perché se no il lavoro non lo puoi fare bene.
Bisogna portare la mentalità del tecnico, quando viene allo stage, che i giovani lavorano con i Maestri che lavorano con i giovani, anche gli agonisti, perché il metodo d’insegnamento si differenzia di molto, per i giovani quello che può essere un discorso molto difficile da comprendere. Sto dicendo se permettiamo ai giovani di esercitarsi allo speciale dei campioni senza avere una struttura di base, abbiamo fallito il nostro lavoro che deve essere quello di insegnargli la basi su cui possono muoversi liberamente e poi tentare il colpo dei campioni.
La fascia degli agonisti che va dai 30-35- fino ai 40 anni interessati a fare un lavoro speciale, diverso un pochino, in modo tale che dei contenuti ci si appropria tutti quanti, e riescono tutti ad avere lo spazio del lavoro, questo è importante, questo sarà il prossimo impegno che prenderemo.


JI: Mi stai parlando della formazione CSEN?
FP: Certo, noi stavamo cercando di puntare a riportare un po’ di qualità.
JI: Certo, una volta in Federazione c’era l’Accademia.
FP: La famosa Accademia che poi è stata chiusa, secondo me era un discorso valido, il contesto del valore dell’Accademia. Noi pure abbiamo fatto l’Accademia, però poi dopo è successo che si è stravolto un po’ tutto pure in Federazione, perché poi la gente non poteva stare chiusa lì dentro come una caserma tutti i mesi, impegno del lavoro, impegno della famiglia. Quindi magari rivalutarla, dandogli la possibilità di partecipare, di fare sempre una forma di accademia, magari allungandola nel tempo con degli appuntamenti settimanali, mensili, adesso non lo so. Però dare loro una formazione mirata, con delle preparazioni ben particolari, in modo tale che non fai soltanto il corso, diciamo, così come è impostato adesso, ma crei veramente una relazione ottimale e alla fine hai un contenuto, un bagaglio che secondo me porti in palestra e fai crescere i ragazzi.
JI: Senti, ma il Judo è stato visto erroneamente dalla Fijlkam come un Judo di un Dio non minore, no? Si perché si diceva in giro: “Questi non sanno fare Judo”, invece non è così, io sono stato alla gara e quello che ho visto un bel judo e degli IPPON, ne ho scelto uno che sarà sopra la copertina del prossimo numero di Judo Italiano.
FP: Tanti dicono, mettono giù queste voci, ma tu sai il mio il mio lavoro che sto facendo da anni, ma quelli non sanno è giusto che parlino, se non sanno fare altro. Che fai, lascia stare. E purtroppo la stiamo subendo giorno per giorno questa discriminazione, tanto è vero che ti dimostro che adesso sta nascendo un nuovo movimento in campagna, si sono avvicinate tante società nostre storiche, cioè anche dal Club dei Maddaloni, da tante società, insomma, portate a livello nazionale della federazione, si stanno avvicinando al nostro discorso, perché chiaramente il Judo è cresciuto, non è un Judo di un Dio minore, è Judo, praticamente per me esiste il Judo, e quindi ci sta poi che ti accorgi che c’è la cintura bianco rossa, e magari ti chiedi ma com’è questo fatto? Ma non sai mai niente e parli, può darsi che è uno della Fijlkam che ha capito il nostro discorso. Si fa notare la cintura questo e questo lo trovo infantile perché guardare la cintura e non la scuola che è molto più importante? Noi cerchiamo, insomma, di fare un judo e cerchiamo sempre di migliorarci. Adesso abbiamo un’altra gara, stiamo sfornando una gara una appresso ad un’altra. Adesso domenica abbiamo appena smontato la coppa e marciamo subito al PalaVelletri con il settore giovanile, facciamo promozione, bambini, ragazzi e fanciulli; li abbiamo divisi in fasce di cinture, anche da tutelare con la cintura bianca, anche i principianti, possiamo farli divertire lasciandoli proprio nella prima fascia senza farli confrontare con cinture superiori. Noi cerchiamo di dare quello che sono le basi giuste.
Non aspiriamo a fare il campione del mondo o il campione olimpico perché a per noi è un intervoluzione sportiva, poi c’è il lavoro che deve fare la Federazione.
Secondo me sai qual è il problema? Che sono stati sempre un po’ travisati i mondi.
Noi tutti veniamo dalla federazione e siamo ancora in federazione, però nella federazione, secondo me, c’è proprio lo scopo di creare una spaccatura ma il judo è judo. Ma una cosa non si è capito bene, che noi possiamo essere un aiuto alla Federazione e non un problema. Il personaggio che deve rappresentare l’Italia a livello europeo, a livello mondiale e livello olimpico è d’obbligo ci debba pensare la Federazione.
L’intervoluzione deve fare la evoluzione, quindi deve essere interpretata come un serbatoio a disposizione della Federazione, ma non che deve andare contro la Federazione.
Tanti interpretano come se noi facessimo una concorrenza alla federazione, ma noi non vogliamo fare una concorrenza, noi vogliamo farne una promozione al judo dove esce un personaggio, il campione e questo può essere utile. E magari poi iniziare a fare un percorso diverso. Se tu lo interpreti in questo modo, allora diventa giusto che esploda e porti Judo da tutti i livelli.
Ti faccio un esempio semplice; Pino Maddaloni iniziò le prime gare nel circuito CSEN quando era ragazzino. Ha iniziato in un circuito nostro, io ancora me lo ricordo.
Eppure il padre, se lo chiedete Gianni, dice “Sì, è vero, erano le prime gare che ha fatto Pino”.
Non ci deve essere una guerra. I calendari vanno studiati insieme. Il comitato del Lazio stia seduto al tavolino con un rappresentante dell’Ente. Dobbiamo fare una programmazione in modo che non ci sovrapponiamo con le date quando è possibile.
Poi si prende l’impianto, poi si gestisce la data insieme, in collaborazione, cioè si possono fare tante cose, ma bisogna aver la voglia e la mentalità giusta di farle le cose.
Secondo me, se no non si cresce insieme faremo la fine degli sport che non andranno alla Olimpiadi in futuro
JI: Ma allora, detto questo, ma che problemi, che soluzioni c’hai per il futuro?
FP: Beh le soluzioni per il futuro, vedo che ci deve essere proprio un’apertura di dialogo con i rappresentanti della federazione, sia a livello regionale che a livello nazionale.
e programmare anche degli incontri, secondo me, a inizio stagione insieme con la federazione, proprio con i rappresentanti del comitato regionale e i rappresentanti del nostro comitato. A tavolino sia per il judo come può essere per karate, può essere per un’altra disciplina. Poi progettiamo una serie di attività. Che so, penso al Lazio, io mi ricordo quando il Lazio era forte e si facevano i tornei, in tutta Italia, ma nel Lazio avevamo tanta attività; adesso vai a vedere le poule con i numeri molto esigui per la partecipazione, quindi che vuol dire? Vuol dire che se noi cerchiamo la possibilità di far crescere il judo ma fare il judo senza i judoka fa fallire il nostro tentativo. Cerchiamo insieme come si può fare: più allenamenti condivisi, portiamo più ragazzi in gara e questo si può fare soltanto se facciamo promozione mirata, facciamo degli slogan che “acchiappino” di più i genitori e i ragazzi. Cosicchè ai vertici di un certo tipo di Judo nazionale, portiamo quello può essere un risultato ottimale, che può utilizzare la federazione.
Noi una volta facemmo, ancora la facciamo, noi uscimmo con l’idea del “Judo Senza Frontiere” per la prima volta. Mi ricordo lo facemmo a Corviale e lo facemmo a squadre, e facemmo una gara organizzata da noi dove c’era anche la squadra e degli agonisti che erano in condizione sportiva ottimale e abbiamo fatto una cosa carina. Ho continuato a chiamarla “Judo Senza Frontiere” e l’abbiamo portata avanti perché, secondo me,
il judo poteva essere visto così, come forma di inclusione, chiaramente è vero pure che ognuno deve portare un po’ d’acqua a mulino, perché non è che possiamo vivere senza essere pagati dai tesseramenti. Anche perché le strutture costano di più, e se ci stai dentro tu vedi nel nostro comitato c’ha 5 impiegati, c’è un affitto, quindi un minimo di spesa c’è pure per voi che pagate il cartellino.
JI: Fate promozione cosa che non fa la FIJLKAM?
FP: Certo, noi lo facciamo. Noi facciamo promozione. Noi veramente facciamo servizi alle società, ma le assistiamo sotto ogni punto di vista, anche dal punto di vista fiscale, amministrativo. Adesso come adesso il mondo, le leggi abbinate allo sport sono talmente complicate. La gente si è trovata davanti a dei problemi non indifferenti che tanti hanno chiuso. E noi cerchiamo di aiutare, mettiamo a disposizione i nostri consulenti fiscali, i commercialisti. Dove possiamo arrivare diamo una mano perché poi lo vediamo pure noi che poi la gente o le società che spariscono. Quindi noi li contattiamo: Qual
è il problema?
C’è la federazione? Manco te chiama se non te se vede più, ma quando te chiama la federazione? Io quando vedo una società non si affiglia, io dopo un anno o due faccio le chiamate: Cos’è il successo? Qual è il problema? Problema economico?
Cerchiamo da sentirli, da stare vicino, questo secondo me ha fatto si che noi abbiamo molte società.
JI: Hai altro da dire?
FP:No, io ringrazio tutti gli amici come te che ci hanno dato la possibilità anche per scrivere di noi perché purtroppo abbiamo pochi media che ci seguono e quindi quando c’è possibilità per uscire con qualche cosa anche sui social un piccolo giornale che parla del judo secondo me è sempre qualcosa di positivo, perché per gli articoli c’è la Gazzetta dello Sport, quella dello sport minore e ci sono dei piccoli piccoli frammenti di articoli che vanno a parlare anche del mondiale, e si vedono due righe no?!
Magari poi parli del calcio e ci sono 8 pagine. Adesso ci sono gli europei e vedrai che col nostro circuito povero di notizie, abbiamo preso 4 medaglie, ma non è uscito niente fuori, poi noi sappiamo che dobbiamo passare su Facebook, condividiamo la notizia che parla di judo.

Un saluto a tutti i judoka di buona volontà e a tutti quelli che fanno judo per passione.

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